Experience

Week end di corsa / 02

30 Novembre 2015

L’emozione della prima volta. L’incoscienza del debuttante. Il brivido dell’ignoto. La paura (tanta). Una cosa sola conosciuta, quel parco di Monza dove da ragazzina giravo all’infinito in bicicletta per alleggerire i pomeriggi di studio.

Lo scorso week end è stato consacrato dal mio esordio nel mondo della corsa campestre. Prima prova del Trofeo Monga. Freddo pungente, brina ma sole e niente fango. Condizioni ottimali, a detta dei più.

Partiamo da Milano veramente presto. Siamo io, Dario, Rosanna e la sua bimba. La sveglia alle 6.15 è traumatica, soprattutto se la sera prima sei andata a dormire tardi e, nel pomeriggio, dopo l’allenamento, sei rimasta chiusa fuori casa per un’ora, cercando di scassinare la serratura della porta con il foglietto delle ripetute.

Arriviamo al parcheggio del parco alle 7.40. Un po’ presto visto che il mio cross partirà alle 9.50. Ma Rosanna è in batteria alle 9.30. Restiamo chiusi in auto per non prendere freddo. Un flash. Vedo Francesco, mio amico d’infanzia, correre con -2°. Non è un’allucinazione data dalla stanchezza. Scendo dalla macchina per salutarlo. Lui è sempre stato un vero sportivo e dimostra di esserlo ancora. Lo guardo e mi viene voglia di correre.

Raggiungiamo cascina San Fedele dove troviamo il resto della squadra dei Canottieri. Mi vengono dati suggerimenti sui tempi e le modalità del riscaldamento. Quello che temo di più è correre la primissima volta con le scarpe chiodate, MAI provate prima. Non si deve evitare di fare gare con le scarpe nuove? Ma sarà la prima volta anche per Lisa e per altri della squadra. Non ho molta scelta. Le provo e sembra di essere a piedi nudi. Una sensazione stranissima. Continuo a preferire le borchie delle mie scarpe di Valentino, peccato che non abbiano abbastanza grip.

Parte il primo cross. Le prove sono di tre tipi, percorso corto (3k), medio (6k) e lungo (9k). Rosanna corre i 3k perché è velocissima e porterà un bel po’ di punti alla squadra con la sua classificazione. A me toccano i 6k. So che arriverò tra gli ultimi ma il mio terrore è essere proprio ultima. Voglio evitare l’umiliazione. Mi sento come il cavallo zoppo del Palio di Siena.

Ci siamo. Ivana mi consiglia di partire piano, invece faccio il primo giro abbastanza veloce e al secondo (di quattro) sono già morta. La sensazione è diversissima rispetto al correre sull’asfalto. Da un lato più piacevole, dall’altro la fatica dei saliscendi si fa sentire. Maledico ogni giro. Maledico l’aver scelto di partecipare. Penso e urlo ai compagni che sarà la prima e l’ultima volta. Non mi passa più. Arrivo alla fine. C’è ancora una manciata di persone dietro di me. Per fortuna, non sono l’ultima. Anche se sono molto in fondo alla classifica.

Come sempre, quando taglio il traguardo sono felice. L’adrenalina si mescola alla gioia di avercela fatta. Questa volta, poi, non ho corso per me ma per la squadra. Sulla classifica, accanto al mio nome, c’era scritto finalmente Canottieri Milano. Il mio sforzo è servito a qualcosa.

In tutto ciò, però, non ho capito se tra me e la campestre sia odio o amore. Aspetto solo di trovarmi con mezza gamba nella neve o nel fango. Quella sarà la vera prova del nove.

Saluto le Wir-Women in run che ieri hanno corso a Milano il loro flash mob nazionale. Vi ero vicina con il cuore.

Indossavo abbigliamento e accessori Nike, calze The Wonderful Socks e chiodate Adidas.

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